Mia mamma ha creato un profilo Facebook per seguire la mia campagna elettorale e supportarmi. Si chiama Paola, ha 74 anni e vive a Roma, mi sembra giusto presentarvela (è timida, non credo interverrà).
La prima cosa che ha scoperto impicciandosi (si questa è la parola, lo fanno tutte le mamme, non prendetevela) sul mio profilo, è che ho partecipato a una ricerca clinica, un trial, un esperimento, chiamatela come volete.
Si è preoccupata: “Fai da cavia!!” Mi son cadute le braccia!
Ieri le ho spiegato perché è fondamentale per un malato di una malattia che non è guaribile, prestare il proprio corpo alla ricerca clinica e ha capito. Del resto è mia mamma mica per niente!
Dunque, cominciamo dall’inizio, lo so, i post lunghi non funzionano, ma magari vi incuriosisco, cercherò di essere breve (come dicono i politici bravi, che vuol dire che sarò lunghissima).
Di malattie croniche ne ho cinque. Cronico vuol dire che non passa e non si cura definitivamente.
Tre sono malattie autoimmuni, forse quattro, lo dirà la ricerca. Malattia autoimmune vuol dire che le tue difese immunitarie si sono rivoltate contro il tuo corpo e invece che uccidere virus o batteri esterni hanno ucciso un organo o una funzione di un organo più o meno vitale. Non si conosce la causa delle malattie autoimmuni.
Una di queste è una malattia mortale se non gestita correttamente 24/7. Mortale vuol dire che se non prendi dei farmaci, muori. Ma i farmaci non ti curano, ti tengono in vita. La più grave è appunto il diabete di tipo 1. Per il momento.
Tutte queste malattie potrebbero essere guaribili se la ricerca ne trovasse prima la causa e poi la cura definitiva. E come fa la ricerca a trovare la cura delle malattie? Servono due cose: soldi e malati.
Senza soldi non ci sono ricercatori, non ci sono laboratori e non ci sono materiali. Rimangono solo le idee. I soldi li danno i singoli, direttamente o attraverso associazioni e fondazioni, li danno le Istituzioni. In Italia sono pochissimi dai singoli, un po' di più da associazioni e fondazioni, insufficienti dalle Istituzioni.
Senza malati gli scienziati non vanno da nessuna parte. Qualunque sia la teoria dello scienziato, se dopo averla provata in vitro e su cavie, non la prova sull’uomo, non può dimostrare nulla. Il mio corpo di malata è un bene inestimabile per la scienza. Non c'è somma di denaro che io possa donare alla ricerca di una cura per la mia malattia che superi quanto io stessa, con il mio corpo, possa donare.
Per questo dono il mio corpo per la ricerca. E per questo i finanziamenti alla ricerca biomedica fanno parte del mio programma. Due anni fa ho donato pezzettini del mio intestino per la ricerca. Una banale gastroscopia. E poi ho capito che c’era qualcosa che non funzionava correttamente nei microinfusori (delle macchine che continuativamente erogano insulina direttamente sottocute) in fase di decollo sull’aereo e ho provato a capirne il perché assieme al mio diabetologo in camera iperbarica. L’anno scorso ho deciso di fare un passo in più e partecipare ad un trial clinico in cui dei farmaci non leggeri vengono somministrati a chi non ne ha bisogno per capire se possono avere effetti sull’autoimmunità (lo studio per cui si è preoccupata mia mamma).
Per un mese ho preso una sbobba al mattino che sapeva di cartone marcio, altre pillole per tre mesi e ogni settimana all’incirca sono andata in ospedale per capire attraverso prelievi e pasti controllati come il mio pancreas stesse rispondendo. E’ stato emozionante, mi sono sentita utile e mi sono domandata perché non lo facciamo tutti noi malati, è facile, non c’è nulla di coraggioso o di eroico. Basta solo mettere a disposizione un poco del proprio corpo e un poco del proprio tempo.
Quando fai i trial entri in contatto con i ricercatori, ne conosco tanti di ricercatori e scienziati: quelli che mi hanno seguito nelle varie sperimentazioni, il mio diabetologo che negli anni è divenuto amico e confidente, quelli che incontro nei convegni che modero e, non ultima, la persona con cui condivido la vita. Sono persone che si dedicano, con ostinazione, a cercare la cura delle mie e delle nostre malattie, ci pensano in ogni momento e il fatto che in così tanti cerchino di districare il bandolo della matassa delle malattie autoimmuni, certo non mi cura, ma mi alleggerisce il futuro, mi dà una speranza.
Ora il mio ultimo trial è finito (se volete saperne qualcosa in più trovate qui la mia storia di volontaria per quella ricerca clinica:https://www.francescaulivi.it/…/monorapa-un-tesoro-per-la-r… e anche qui:http://www.portalediabete.org/…/4304-un-tesoro-per-la-ricer…) e spero ci sia a breve una nuova ricerca alla quale io possa donare il mio corpo di malata, che per tanti vale molto poco, ma che è in realtà #untesoroperlaricerca. #voceaimalati #votaLISTAGORIPRESIDENTEscriviULIVI
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